Il mio problema con le relazioni: negli anni ’80 avevo aperto, con compagni diversi oppure da solo, una trentina di vie nuove, dal cuneese alle Dolomiti. Redigendo al massimo cinque relazioni, tanto che diverse vie ora sono “sotto” altri itinerari aperti successivamente. Nel 1987 avevo fatto, metà autoassicurato e metà slegato (per non far notte), la prima solitaria della Casarotto alla Ovest della Roda di Vael.
E scendendo sull’altro versante avevo notato una gran porzione di roccia fantastica e “nuda di vie”. Così, con Alberto Sacchini, eravamo tornati ad aprire qualcosa di nuovo. Due vie? Tre vie? E chi si ricordava, fino a Sabato. Quando siamo tornati, con Annalisa, a cercare quelle linee, come avevamo fatto l’anno scorso all’Ago di Tredenus. Col trapano, per riattrezzare almeno le soste. Non è stato difficile rintracciare la partenza di “’69 Chevy”, perchè nell’88 giravamo con una poco ecologica bomboletta di vernice rossa. Che roccia! E che pelo avevamo nell’88, il problema non è stato trovare l’attacco, ma capire dove eravamo passati!
La roccia davvero perfetta nasconde clessidre e rari spittini messi a mano, più qualche chiodo che ha retto bene i 33 anni di vita in parete. Ma forse l’emozione più grande è stato ritrovare, al Rifugio Roda di Vael, il vecchio libro delle vie, su cui avevo scritto le relazioni di tutte le linee nuove: “Piccola stella” (pubblicata anche sulla guida del Catinaccio), ’69 Chevy” e “Cadillac Ranch”, entrambi omaggi a Springsteen. Grazie ad Annalisa per questo “tour della terza età” e ad Alberto Sacchini, che ha smesso di scalare troppo presto malgrado il fisico e il talento che ha sempre avuto.