Mangart – Romanzo

Mangart

Andrea vince il premio Leggimontagna 2012 con il romanzo “Mangart”

MANGART – Romanzo di Andrea Gennari Daneri

  • 1° Premio Letterario concorso “Leggimontagna” 2012 sezione narrativa
  • Invitato speciale al Noir Film Festival di Courmayeur 2012
  • Opera prima segnalata al Premio Itas 2012
  • In vendita qui

Presentazione

 Ultimi giorni del 2005. Sulle montagne al confine tra Friuli e Slovenia un freddo polare paralizza le attività delle valli e spalma di verglas le pareti delle cime più importanti.  Tra queste spicca il Mangart, ottocento metri verticali e poveri di appigli, sulla cui parete nord un alpinista solitario, Flavio Ferrari, sta cercando di salire una via nuova, tra la roccia e il ghiaccio che ne intasa le fessure. Guadagna cento metri al giorno e dorme in un letto di goretex sospeso sul vuoto, dove cucina minestre liofilizzate scaldando la neve. A casa, Flavio non ha lasciato nessuno e in Friuli nessuno sa di lui. Nell’ auto che da Milano l’ ha portato fin là non ha lasciato nè biglietti né indizi sul dove, eventualmente, andarlo a cercare. E’ il suo modo di andare in montagna, rigidamente etico e soprattutto autistico. Uguale a lui. Ma questa volta la solitudine non dura. Senza saperlo e senza volerlo si trova vicino al punto in cui si  consuma una resa dei conti legata a vecchi eventi, ai massacri della guerra di Bosnia. Ci finisce dritto in mezzo e quando ha la possibilità di abbandonare tutto decide invece di andare fino in fondo, perché capisce che quella storia è anche la sua storia.

Parlano di Mangart    

Gazzetta di Parma, Aprile 2012

Bookblister, Novembre 2012

PlanetMountain, Settembre 2012

Alpinia, Febbraio 2013

Dicono di Mangart   

Scritto in una prosa secca e diretta, molto efficace, sostenuto dai ritmi rinserrati, un montaggio adrenalinico e quasi cinematografico, ricco di suspance e di spiazzanti colpi di scena, cattura il lettore fin dalle prime pagine. Giuria Leggimontagna 2012 Volevo solo dirti che il libro l’ho letteralmente divorato…bellissimo,coinvolgente, avvincente, ti tiene con il fiato sospeso fino all’ ultima riga..geniale. scrivine subito un altro! un lettore ce l’hai già. Matteo P.Complimenti Dott. Gennari, perchè il libro è veramente molto bello, sia per lo stile che per la storia.. Ho fatto le ore piccole 2 sere di fila perché non riuscivo più a smettere di leggere!!   Eleonora D. Penso e credo sia nato un nuovo autore… per quel che mi riguarda una rivelazione… !!! Bravo Andre!!!! Mangart è avvincente, incalzante, curioso, a tratti ironico e per niente scontato, insomma un libro che ti tiene col fiato “sospeso”. Leggetelo tutti!!! E’ strabello!!!  Silvia. S.  Grazie del piacere che ci hai dato leggendo il tuo libro!  Complimenti!  sandro e emily  I miei + sinceri complimenti! Ho appena finito il tuo ‘Mangart’ e mi ha coinvolto come pochissimi altri libri! Bravo davvero, continua così.. Roby C. Ciao Andrea!:) Un saluto dalla Russia(ancora fredda ma la primavera sta arrivando anche dalle nostre parti)! Che sonno stamattina(sono andata a letto tardissimo)-perché ieri sera finalmente ho iniziato a leggere Mangart e non riuscivo a smettere più,dovevo sforzarmi x chiuderlo e spegnere la luce.Non vedo l’ora che arrivi la sera x continuare:) Buona giornata!  Tania L.  Ho appena finito di rileggere il tuo romanzo e desidero farti i miei complimenti per la trama, la prosa e le riflessioni che suscita. Auguri di una lunga e luminosa carriera nel mondo ormai morbato dalla mediocrità che è quello della narrativa. Col cuore, Diego M.  Buona sera Andrea! siamo di Tarvisio e leggendo il tuo romanzo sembra di viverlo veramente in prima persona….oltre tutto frequentando i luoghi le montagne e…..le pareti verticali della zona!un saluto ,sperando di incontrarti kissà un giorno su ka cima delle Alpi Giulie. Bravo Laura B.    L’ho letto e sono felice di ritrovare una scrittura raffinata e  dedicata a temi storici attuali ed importanti inseriti nel contesto delle montagne. Una montagna non è solo una salita. E’ una storia di vite e vicende storiche, talvolta drammatiche. Quindi grazie della bella lettura! Sabrina G.  Mi sono comprato ‘Mangart’ prima di andare in ferie e l’ho ‘sbranato in pochissimo tempo. Una bella storia da leggere con un ritmo galoppante. Daniele C.  L’ho finito stanotte, mi mancavano solo una cinquantina di pagine e non ho saputo resistere. Sono andato a letto ad un orario indegno ma ne è valsa la pena. BELLO BELLO BELLO. E non lo dico perchè ci conosciamo o per lusingare un vecchio amico, lo dico perchè leggere mi piace, mi faccio un tot di libri all’anno (immagino tanti quanti possono essere i 7b/c che ti spari tu annualmente e non credo sian pochi) e posso affermare che non mi mancano certo i confronti con autori più quotati e/o famosi. Insomma, bravo! Scritto bene, asciutto, senza troppi fronzoli e diretto al succo, al cuore. Bella l’impostazione cronologica delle storie dei personaggi che si intrecciano e precisi i riferimenti storico temporali che ogni lettore della ns generazione (cerebrolesi ed ignoranti forever esclusi) può facilmente ricondurre alla propria storia e realtà. Ambientazione ovviamente perfetta, una montagna, un mondo, un ambiente appunto, sempre presente ma mai invasivo o stancante, un mondo che risulta chiaro, lineare e che senza mai cadere in tecnicismi complessi, fa godere a pieno chi conosce alpinismo e arrampicata risultando al contempo facilmente decifrabile anche al lettore meno avvezzo alla montagna. Insomma. mi è piaciuto e lo consiglerò alla grande ad amici e conoscenti. PS: Leggo che sono occorsi 15 anni per giungere alla pubblicazione…il prossimo speriamo di leggerlo prima di diventare vecchi e rincoglioniti del tutto. Marco R. Così, d’emblée, ho comprato Mangart e ho iniziato a leggerlo; non sapevo per niente di cosa parlasse e non me ne ero informato, ero rimasto restio fino a questo momento, perché non avevo voglia di leggere l’ennesima storia di perigli in montagna o di battaglie fra i monti. Poi alla fine mi sono detto vabbè, leggiamola sta storia di lotta con l’alpe o di lotte partigiane (non so, ma mi ero fatto questa idea, forse guardando solo la copertina…buffo e sciocco al contempo), che Andrea scrive spesso cose originali. E invece mi sono trovato di fronte una cosa completamente diversa, un incredibile sorpresa.  Ti premetto che sono un grande appassionato di Jeff Long (che invero ha scritto pochi libri, di cui solamente tre tradotti in italiano – angeli di luce, il labirinto delle ossa e Discesa all’inferno -, ma li ho divorati senza tregua), e nel tuo libro ho ritrovato quella stessa suspense, quella stessa impossibilità ad interrompere la lettura, a sentirmi obbligato a  girare una pagina ancora, e un’altra ancora. Bello lo schema narrativo, il rimbalzo di scena, le storie nella storia, ma sempre rimanendo sobrio, asciutto, con emergente, a tratti, la tua consueta ironia. E poi, imprevedibile e mai banale, seppur restando in una dimensione realistica. Complimenti. Bello. Lo consiglierò. Matteo F.

Estratto

PROLOGO – Maggio 1993, campagne di Gorni Vakuf, Bosnia

Erano rimasti vivi in pochi, sudati e schiacciati uno contro l’altro. Le pareti bagnate e maleodoranti di quel buco si attaccavano ai vestiti e i vestiti si prendevano tra loro, come attratti da una colla scadente. Ma non aveva importanza: in quel modo dieci persone speravano ancora di salvarsi, rimanendo nascoste nel vecchio cunicolo scavato sotto il centro della piazza. Almeno loro. È la paura che non ti fa sentire la puzza, né il caldo, né niente. La paura non ti fa fiatare. In superficie, oltre le ultime case del paese, sembrava tutto tranquillo; era una bella giornata di primavera e il vento disponeva le nuvole in piccoli grappoli in mezzo al blu del cielo; e in quel modo creava, con il verde dell’erba nuova, uno spettacolare contrasto di colori. Tra le case del villaggio, invece, il colore dominante era il rosso. Il sangue degli sgozzati impastava la ghiaia della strada e odorava di dolciastro. Guardato dall’alto, avrebbe potuto formare una riga, così come in una riga supplicante erano stati fatti allineare quei poveretti, vecchi, donne, bambini. E due operatori umanitari, una ragazza inglese e un italiano, adesso cadaveri come gli altri. Poco distante c’era il gruppo dei loro giustizieri serbi, in tenuta paramilitare. Stavano finendo di mangiare pane e salsiccia, prima che arrivassero le mosche. Su uno dei fuoristrada avevano caricato l’impianto satellitare con cui quella gente, fino a un’ora prima, aveva tenuto le comunicazioni con l’altra sponda del Mediterraneo, dove altri musulmani stavano pregando per i fratelli bosniaci. Il comandante del plotone, un uomo tarchiato e massiccio e con una farfalla nera tatuata su un braccio, a un certo punto si alzò. Forse fece una battuta, perché i suoi soldati risero ancora; il riposo era finito, non avevano più nulla da fare laggiù. Il gruppo si alzò per riprendere la marcia e andar via, lasciandosi dietro tutto quel macello. Quando i soldati sembrarono pronti, il comandante si diresse con calma verso il centro della piazza, sollevò una botola, tolse la sicura e lanciò una granata nel cunicolo. E giù altre risate

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